mercoledì 27 maggio 2015

La rivolta è nell'uomo







"Ogni schiavo non è tale che per suo consenso e 
non si libera che con un rifiuto. 

Se lo schiavo dice sì a tutto, dice di sì all'esistenza 
del padrone e al proprio dolore. 

Nell'attimo in cui respinge l'ordine umiliante del suo superiore, respinge insieme la sua stessa condizione di schiavo. 

La coscienza viene alla luce con la rivolta. 
Non esiste rivolta senza la sensazione d'avere in qualche modo, 
e da qualche parte, ragione. 
La rivolta è, nell'uomo, il rifiuto di essere trattato 
come cosa e ridotto alla pura storia; 
piuttosto morire in piedi che vivere in ginocchio."


Albert Camus

martedì 26 maggio 2015

La società ideale dei Puffi senza schiavi né padroni


I MESSAGGI NASCOSTI NEL CARTONE DEI "PUFFI"


Al di la di chi paragona il villaggio dei puffi al vecchio comunismo che rimane una delle tante squallide dittature messe in atto dal potere, se andiamo ad osservate con attenzione il cartone animato dei puffi, troviamo nascosto il segreto della felicità.



I puffi sono pacifici e sono in possesso della ricetta del benessere e la soluzione a tutti i problemi economici del mondo.


La vita nel villaggio dei puffi scorre tranquilla, non ci sono né padroni né servi, perché tutti si rispettano.
Nessuno domina nessuno, neppure il Grande Puffo, poiché esso in realtà non è un capo-padrone, bensì un saggio che guida la sua comunità con amore. 
Nessuno quindi si crede superiore ad un altro.
Se avete notato, nei puffi non c'è nemmeno la poliziaperché senza un governo autoritario, nessuno ruba a nessuno, non esiste nessuno più ricco di qualcun altro e di conseguenza non esiste la povertà, in poche parole, tutto è in equilibrio.





 ANIME TALENTUOSE

Ogni puffo ha un talento che esercita con piacere e Amore.

C'è il puffo contadino, il puffo saggio, il puffo inventore, il puffo cuoco ecc.
In poche parole, senza l'obbligo di un lavoro coatto e monotono, ognuno esprime il meglio di sé, contribuendo allo sviluppo sociale secondo le proprie capacità.

I talenti dei puffi contribuiscono al benessere di tutta la comunità e qui abbiamo molto da imparare !!! Ogni puffo si dedica alla sua passione e di conseguenza migliora la vita dei suoi simili.

Quando un puffo ha bisogno di una mano, TUTTI gli altri puffi vanno in suo aiuto, non basta questo per ottenere ciò che desideriamo?

Siamo venuti al mondo per sviluppare i nostri talenti e non per sopprimerli !!! E cosa succede se si sopprimono i talenti dell'anima?



Guardati intorno...succede un mondo come questo, dove la felicità è cosa rara, i sentimenti e l'amore sono confusi e annebbiati, dove riempiamo le case di oggetti inutili e per strada non ci salutiamo neppure, schiacciati dalle tasse, da debiti, da leggi ingiuste, da amori mancati e da malattie causate da un mondo inquinato e crudele.

Insomma, i Puffi saranno solo un cartone animato, ma chi li ha inventati è una persona come voi, con un'ideale di vita diverso però, per ora il suo sogno si è realizzato solo nello schermo di una Tv, ma quel che importa è che da piccoli ci ha fatto sognare, ora spetta a noi trasformarlo in realtà !!

lunedì 25 maggio 2015

Schiavi che votano padroni

"Essere schiavo significa essere costretto a lavorare per qualcun altro, proprio come essere padrone significa vivere sul lavoro di qualcun altro. Nell'antichità gli schiavi erano chiamati in tutta onestà "schiavi". Nel Medioevo presero il nome di "servi"; oggi essi vengono chiamati "salariati". La condizione di quest'ultima classe comporta molta più dignità ed è meno dura di quella degli schiavi, ma nondimeno essi sono costretti, sia dalla fame sia dalle istituzioni sociali e politiche, a mantenere altra gente in completo o relativo ozio attraverso il loro eccessivo e faticoso lavoro. 
Di conseguenza, sono schiavi. 



Secondo la legge il popolo è sovrano, ma non nei fatti. 
Il singolo lavoratore è troppo oppresso dalla sua fatica e dalle sue preoccupazioni quotidiane per trovare il tempo necessario alla propria istruzione. Poichè è necessariamente occupato nel lavoro quotidiano che non lascia tempo libero, e quindi, se non totalmente ignorante, ha una cultura nettamente inferiore a quella della classe media e proprietaria, esso è costretto a lasciare la pretesa sovranità nelle mani della classe media. Questa finzione di un governo pseudo-rappresentativo serve a dissimulare il dominio sulle masse da parte di un pugno di individui privilegiati, un'elite eletta da orde popolari che si ammassano senza sapere per chi o per che cosa votano.


Un inganno tra i più dannosi poichè lo fa apparire come l'espressione della cosiddetta volontà popolare."


Michail Bakunin

martedì 19 maggio 2015

Ci rubano il tempo per non farci pensare !





Il rapporto tra la velocità e il tempo è cambiato solo negli ultimi quattro secoli: alla velocità è stato assimilato un significato di efficacia, di efficienza, mentre alla lentezza viene attribuito un coefficiente simbolico di ritardo e inefficienza. 


Una persona che ha dei problemi la chiamiamo “ritardata”: tendiamo a considerare poco efficiente chi, magari, una cosa la capisce dopo – chi risponde dopo, chi reagisce dopo. E’ un ritardo, che per noi oggi è automaticamente un’inefficienza, un’inabilità. 

Quante volte usiamo l’espressione “perdere tempo”
I latini dicevano “festina lente”, cioè “affrettati lentamente”. Per circa due secoli è stato il motto di case nobiliari nonché del veneziano Aldo Manuzio, il primo editore del mondo. Già nella favola di Fedro, la tartaruga batte la lepre. Il “festina lente” lo ritroviamo nei testi più misteriosi, all’origine del rosacrocianesimo, e in Giordano Bruno, nel famoso dialogo de “La cena delle ceneri”. Manzoni, nei “Promessi sposi”, lo cambia in “adelante, cum judicio”: veloce, ma con prudenza.

La velocità percepita come virtù è un’acquisizione molto recente. Attribuire alla velocità un valore positivo e alla lentezza un valore negativo può non essere una cosa utile, in senso assoluto: chi ha detto che il boia che dice “domani” è peggio del boia che dice “subito”? 

Nel film “Non ci resta che piangere”, con Benigni e Troisi, Leonardo è un ritardato. Leonardo era lento, molte commissioni gli sono state tolte perché non finiva in tempo i lavori: per fare le cose si prendeva i suoi tempi. Era lento, ma questo non gli ha impedito di scrivere 13.000 pagine di studi. Impegnava il tempo secondo i suoi principi. 



Il tempo è un bene collettivo, ma anche individuale. 
Il tempo è denaro, si dice, ma non è vero: il tempo non è denaro. 
Il denaro è fungibile, il tempo no: se ti rubo 100 euro potrai sempre recuperarli, ma se ti rubo un’ora non te la ridarà nessuno. E questo è fondamentale per capire qual è la chiave di volta a cui siamo arrivati, nel nostro sviluppo evolutivo. Il sistema, l’intero sistema di potere mondiale, è fondato sulla sottrazione del nostro tempo.

Il tempo ci dev’essere sottratto, ci dev’essere tolto: perché, in quanto moneta infungibile, diventa la vera risorsa del sistema di potere. Quindi la vera risorsa non sono i nostri soldi, ma il nostro tempo. La sottrazione del nostro tempo è mirata a trasformare l’uomo in consumatore: l’essere umano pensante deve essere trasformato in consumatore. Meno si pensa, e più si consuma. 


Il miglior consumatore è quello non pensante. Quindi, sottraendovi il tempo, voi non pensate. In tempi andati, fino a 70-80 anni fa, la gente teneva dei diari. Quella di racchiudere delle cose in un racconto è un’esigenza naturale dell’uomo, una narrazione destinata anche a se stessi. E quella stessa narrazione era un modo anche per pensare – perché non è che si pensa in compagnia, si pensa da soli. Il pensiero, l’introspezione, è individuale. Si può pregare in compagnia, ma non pensare. 

Il pensiero è veramente la radice della nostra essenza. 
Se un grande filosofo come Cartesio ha scritto “cogito ergo sum” (penso, dunque sono) ci sarà pure un motivo, no?E quindi il sistema ci deve togliere il tempo per non farci pensare. Ma dato che noi abbiamo l’esigenza del racconto, ci dà Facebook – che è un modo di sottrarre il tempo, evitando però di pensare: chi è che si va a riguardare le scemate che ha scritto in precedenza? Facebook non è un libro, un quaderno. E poi a un certo punto ti impedisce di andare indietro. 

E’ l’ennesimo sistema costruito ai fini del grande progetto: la sottrazione del tempo. Noi non pensiamo, perché il tempo ci viene sottratto. E siccome non pensiamo, non partecipiamo. Chi di noi partecipa al sistema politico? Chi di noi si iscrive al partito che ha votato, andando a rompere i coglioni ai congressi e facendo causa per averli, i congressi? Certo, nessuno nega che anche Facebook abbia anche i suoi aspetti positivi, la capacità di veicolare idee. Del resto, nessuna cosa è mai interamente negativa. 


In una rivisitazione del “Dottor Jekyll”, Mister Hide deve fare un’azione malvagia, pesca un pesciolino dalla boccia e dice “adesso lo do al gatto”, ma poi ci ripensa: “No, così il gatto gode”. Avrebbero mai dato uno Stato a Israele senza i 6 milioni di ebrei sterminati da Hitler?Resta però il fatto che, se facciamo la somma del tempo sottratto, a tutti quanti, scopriamo che tutti gli espedienti sono indirizzati alla sottrazione del tempo. La sottrazione del tempo opera attraverso un concetto che si chiama “astrazione del gesto”: è il modo in cui si sono fondate tutte le operazioni di business criminale dell’umanità. 

Se ti convinco, una tantum, a fumarti un sigaro particolare, tu non diventi un fumatore. E non sei un fumatore se ti fumi quattro sigari all’anno, nelle ricorrenze. Quand’è che diventi un fumatore? Quando io ti fabbrico l’oggetto astratto – l’astrazione di un piacere – che è la sigaretta: te la fumi, senza più neppure accorgerti che stai fumando. Devi arrivare al gesto per cui tu compri senza pensare a quello che stai comprando. Mangi, senza sapere che stai mangiando. Devono toglierti quello che c’è dietro alle cose, ai gesti – mangiare, fumare. Non necessariamente sarebbero morte di cancro migliaia di persone. 

Una volta il tabacco non lo si fumava, lo si annusava. Nessuno sarebbe morto di cancro, ma non sarebbe neanche nata la Philip Morris.Le cose devono funzionare in quel modo: la sottrazione del tempo significa astrazione del contenuto dei gesti, e quindi eliminazione della scelta. Non facciamo più le cose per scelta, ma perché le abbiamo fatte ieri e quindi le rifaremo domani. E’ stato costruito uno schema per cui la quantità dei nostri gesti automatici è oggi infinamente superiore a quella dell’uomo di 400 anni fa. 

Oggi, i nostri gesti automatici sono il 90% della giornata. L’uomo del ‘400 non ti diceva “ok, lo faccio subito”, ma “lo faccio dopo”: era la difesa del principio in base al quale lui sceglieva come destinare il proprio tempo. Su questo presupposto, il vero atto rivoluzionario è riappropriarsi del tempo. Ognuno di noi lo può fare. E’ semplice, ed è alla base di tutto: adottare un certo tipo di alimentazione, costruire un vissuto diverso. Alla base di tutto ci dev’essere la riappropriazione del tempo. 

E’ vero che lavoriamo 8 ore, ma poi tendiamo a perdere anche le altre. Il tempo non è perso se ho visto una cosa che non mi è piaciuta, se ho scelto di vederla, perché anche quella è un’esperienza. Il tempo è perso se sono a una conferenza noiosa e non l’ho deciso io, di andarci. E il tempo perso non è restituibile.Anche all’interno dello schema della società odierna, noi potremmo riappropriarci di una serie di cose. 


Rispetto ai concetti più complicati di consapevolezza e rivoluzione personale, questa è una cosa più semplice da spiegare, da far capire. Se a un certo punto ognuno di noi, nel suo piccolo, fa questa operazione su se stesso e la stimola nelle persone che gli sono vicine, scopre che questo è l’unico modo – vero – per recuperare energie per poi rifare progetti e rimettersi in moto. Dalla fine del ‘900 stiamo vivendo nel picco più basso, a livello di consapevolezza. E’ il più alto tecnologicamente, ma non ci serve a nulla. 

Perché la tecnologia è stata sviluppata? Per fotterci il tempo. 

Esce il telefonino nuovo e te lo devi comprare, esce il computer nuovo che ti fa risparmiare del tempo, ma quel tempo lo perdi lavorando come un matto per trovare i soldi necessari a quegli acquisti. Quando dirigevo “Pc Magazine” scrissi un editoriale nel quale dicevo: non comprate l’ultimo modello, perché vi fa risparmiare un’ora di lavoro ma ve ne fa perdere dieci per pagarlo. Il direttore italiano di Cisco ci tolse la pubblicità e inviò una lettera di fuoco, di tre pagine. Risposi con due parole: “Sopravviveremo entrambi”.

Tutto è costruito per fotterci il tempo. 
La macchina da 50 milioni di euro, che può essere il sogno della mia vita, convive col divieto di superare i 130 chilometri orari. Che me ne faccio, allora, di una Ferrari? Eppure la gente continua a comprare le Ferrari: l’automatismo è formidabile, è un sistema micidiale. A chi non piacerebbe una bella casa, con parco e piscina? Ho un amico industriale che ne ha una così, vicino a Milano, ma è stata costruita su una vena radioattiva che risale all’evento di Chernobyl. Un umanista come Leon Battista Alberti per prima cosa domanda: dove la fate, la casa? Chi si pone mai il problema del “dove”, dell’orientamento fatto in modo serio? 

Il Feng Shui dell’80% degli architetti italiani è una truffa, ma il vero Feng Shui si fonda sullo stesso principio del Padre Nostro, “così in cielo così in terra”, in alto come in basso. Ci sono energie che vengono da sopra e energie che vengono da sotto. Quelle che vengono da sotto vennero studiate a tutti i livelli: da egizi, persiani, alchimisti. E si chiama tellurismo. 

Ora, studiare la ragnatela del tellurismo, la ragnatela geo-magnetica, non è semplice. Se uno la conoscesse davvero, potrebbe prevenire i terremoti.Io ho un caro amico, Giampaolo Giuliani, che i terremoti li prevede. Ci ha sempre azzeccato, perché rileva il radon, cioè l’espressione del tellurismo: è il gas che circola e viene liberato quando le vene, i canali in cui viaggia si rompono, e quindi sale. Ma non c’è pericolo che gli architetti “chic” ne sappiano qualcosa, di tellurismo: anche a loro hanno tolto il tempo. 

Le forze che vengono dall’alto, invece, sono alla base del simbolismo astrologico, il cui significato non è quello divinatorio, di stabilire i caratteri dei segni. Il simbolismo astrologico nasce come ancestrale collocazione in un ordine, da parte degli antichi, delle energie che provengono dalle stelle. Il testo base della difesa dell’astrologia l’ha scritto Firmico Materno, è un romano del 100 dopo Cristo. La prima cosa che scrive è che l’astrologia non serve per divinare. 

Tralasciando i fabbricanti di oroscopi, se invece studiamo come questa simbologia ha cercato di raffigurare i potenziali energetici delle varie costellazioni, non dico che possa essere una cosa esatta, ma è una cosa storica, mentre l’astrologia di oggi è come il Reiki, che non è una disciplina tradizionale e nasce per fottere soldi alla gente, su invenzione di un americano del secolo scorso.Le discipline tradizionali non necessariamente sono esatte, ma hanno una storia. Trovate molte differenze tra il rosario cristiano e il mantra degli indiani? La scansione dei tempi comporta un esercizio di respirazione. E’ la “novena della Vergine” o qualcos’altro? Certo che è qualcos’altro: l’hanno teorizzato i benedettini, si chiama Esicasmo ed è lo Yoga dei cristiani. E’ uguale: serve a regolare la respirazione per raggiungere un determinato stato di meditazione, solo che i preti si guardano bene dallo spiegare una cosa del genere.

C’è nel Cristianesimo qualcosa che andrebbe approfondito, ma non te lo dicono, perché per loro non è questo il business. Idem per la massoneria: la dottrina massonica non è un business, mentre l’organizzazione massonica lo è. Se voglio fare il business mi interessa l’organizzazione, non la teoria. Poi, certo, mi serve qualcosa di appiccicaticcio per convincere la gente che è una cosa seria – ma come fumo negli occhi, non come materia da approfondire.Il problema è che la sottrazione del tempo è innanzitutto è un’operazione di consapevolezza individuale: ci ha reso aggressivi e vendicativi. 

Noi abbiamo un altissimo coefficiente di aggressività, vendicatività e incapacità di subire un torto. Alla fine, subire un piccolo torto non è la fine del mondo: se uno ti passa davanti nella coda, e tu non hai fretta, che te ne importa? 

Noi litighiamo anche quando non abbiamo fretta: perché?

Perché la sottrazione del tempo ci ha reso ipersensibili anche in questo senso. Siamo convinti che non dobbiamo essere fregati. E non capiamo che, in una vita sociale, un poco dobbiamo essere fottuti tutti quanti. Siamo esseri sociali, dopotutto. E allora è molto meglio stabilire un limite entro il quale sopportare, e reagire solo quando quel limite è oltrepassato. Invece, la maggior parte di noi reagisce sempre. Succede quando ti tolgono il tempo, quando non hai più il tempo di pensare a quello che stai facendo, il tempo di contare fino a dieci.Se tu potessi contare fino a dieci, se fossi abituato a prenderti il tempo, non t’incazzeresti. Ma siccome non sei più abituato a prenderti il tempo, t’incazzi. 



Questo è il meccanismo. I primi che si fottono il tempo da soli siamo noi. Se al posto di Facebook avessimo un diario serio, lo scopriremmo che ci fottiamo il tempo. Il problema vero, centrale, è che rispetto a tutte le scelte – alimentazione, qualità della vita, piccole rivoluzioni personali – la prima cosa che dobbiamo fare è riprenderci il tempo. 

L’alta velocità? Assurda. Cos’era il senso del viaggio, 500 anni fa? Se Marco Polo fosse potuto andare da Venezia in Cina in aereo, avrebbe mai scritto il “Milione”? Il senso del viaggio qual è? 
Chi si organizza le vacanze lo fa, il ragionamento sul senso del viaggio? No, certo, perché gli hanno fottuto il tempo. La sottrazione del tempo coinvolge ogni aspetto della vita. “L’ozio e il negozio” dei latini si colloca perfettamente in questo quadro: tutte le cose in cui bisognava pensare erano delegate all’“otium”, non al “negotium”. Seneca dice che, se non fai un buon “otium”, ti va male il “negotium”: se non pensi le cose giuste, mentre fai l’“otium” con calma, poi nel “negotium” ti prendi le mazzate.In realtà c’è questo respiro, tra le cose che devi fare entro certi schemi e le cose che devi fare fuori dagli schemi. 

Se tu questo equilibrio lo alteri, e fai tutto dentro gli schemi, la tua creatività è morta. Le nostre energie sociali, la capacità di avere progetti, di scoprire cose, di scoprire nuovi modi di vivere, sono zero. Diventiamo degli ottimi consumatori: alla Coop, all’Esselunga. Da anni, altri ci fanno fare quello che vogliono loro, e noi non ce ne preoccupiamo. Anche Sant’Agostino diceva “fa’ quel che vuoi”. La gente lo fraintendeva, e pensava che fosse epicureo. Poi nella “Città di Dio” l’ha spiegato: “fa’ quello che vuoi” significa che devi fare quel che vuoi veramente, non quello che ti spingono a fare. “Fa’ quel che vuoi” non significa andare a cercare tutti i piaceri del mondo, perché potresti scoprire che non è quel che vuoi, se ci pensi bene.

(Gianfranco Carpeoro)

Era anche quello che diceva Epicuro: «La felicità è semplice, basta inseguire il piacere; però è quasi impossibile, perché bisogna capire qual è il piacere».(Gianfranco Carpeoro, estratti della conferenza “Il grande complotto: la sottrazione del tempo” tenutasi a Milano nel giugno 2012, ripresa in video su YouTube. Massone, già gran maestro del Rito Scozzese italiano, Carpeoro è stato avvocato e pubblicitario. Giornalista e scrittore, allievo di Francesco Saba Sardi, è considerato uno dei massimi studiosi di esoterismo e linguaggio simbolico).




giovedì 14 maggio 2015

Perché ci tolgono il tempo facendoci lavorare?

"La libertà non è fare quello che si vuole; 
è sapere quello che si vuole. 



Ma questa civiltà ti toglie il tempo di capire se quello che stai facendo è quello che veramente vuoi; di solito lo stai facendo perchè c'è un grande fiume che si chiama "consumismo" che va in quella direzione e tu sei solo uno dei tanti pesci in quel grande fiume. 

La sottrazione del nostro tempo è mirata a trasformare l'uomo in consumatore: l'essere umano pensante deve essere trasformato in consumatore. Meno si pensa, e più si consuma. 

Il miglior consumatore è quello non pensante. 
Non facciamo più le cose per scelta, ma perché le abbiamo fatte ieri e quindi le rifaremo domani; i nostri gesti automatici sono il 90% della giornata. 

Bisogna riprendersi il tempo e iniziare a chiedersi "perchè?". Perchè compro questo? Perchè faccio questa cosa? Perchè leggo questo libro? Perchè guardo questo programma? Perchè vado a vedere questo film? A costo di diventare dei rompiballe... fa bene!

Bisogna chiedersi "perchè" per uscire dalla trappola del "come"; tutti vi dicono come comprare una macchina, nessuno vi spiega perchè ve la dovete comprare. 

Vi serve davvero? 
Vale la pena di spendere non solo dei soldi ma anche del tempo per questo? 



Dobbiamo costruire un futuro fondato sul "perchè", perchè ci hanno dato dei falsi obiettivi, dei falsi sogni. La cosa fondamentale è che qualunque cosa vogliate fare vi chiediate veramente perchè la fate. Se pensate che quello che state facendo, comprando, leggendo, vedendo, sia inutile, non lo fate: toglietelo. In questa maniera vi ritrovate il tempo per fare qualcos'altro di fondamentale."

Gianfranco Carpeoro

domenica 10 maggio 2015

L'ansia della domenica sera

Domenica, quanto ci sta a cuore questa parola?





Domenica è un giorno tinto di rosa, privo di sensi di colpa, privo di doveri e ricco di gioia, ma quanto dura davvero la domenica? Per i più fortunati dura poco più di qualche ora, la domenica dell'uomo moderno, infatti, si conclude all'incirca alle ore 19.00-20.00 di sera.


Se la domenica rappresenta immaginariamente la culla del piacere e del riposo, è vero anche che allo stesso tempo rappresenta l'ansia del lunedì e il peso dell'ennesima e lunghissima settimana lavorativa che ci attende alle porte.

Mi chiedo spesso come abbiamo potuto accettare e come possiamo continuare ad accettare...che i nostri piacere siano limitati a poche ore la settimana, mentre i doveri ci occupano oltre il 90% del nostro tempo.

E cosa succede in questo unico giorno della settimana di concessa libertà? Succede che intasiamo tutti insieme le strade, andando cosi a rovinarci quelle poche ore di relax che tanto abbiamo atteso.

Vi siete mai chiesti poi come passiamo le nostre domeniche? Semplice, spendendo denaro e pubblicando le foto di come e dove abbiamo speso quel denaro.

Daniele Reale





martedì 5 maggio 2015

I giovani non hanno voglia di lavorare...e fanno bene!

"I giovani non hanno voglia di lavorare" Una frase ricorrente di questi tempi, tanto da sentirla quasi ogni giorno.

Certo la fanno facile gli adulti ben sistemati che hanno fatto soldi e carriera sull'onda degli anni ottanta e novanta, in pieno boom economico. Parlano facile coloro che hanno vissuto quando tutto era più facile, quando non serviva andare a leccare il culo all'agenzia di collocamento di turno e il lavoro si trovava semplicemente andando a fare domanda direttamente in azienda.

Quelli che giudicano i giovani d'oggi, sono i giovani di ieri, quelli che però al contrario dei giovani d'oggi, hanno goduto dei diritti conquistati con il sangue dai loro padri...






I giovani d'oggi non conoscono diritti, ma solo doveri, vengono viziati fino ai 18 anni e poi d'improvviso si dice loro: 
"Ora sei grande, trovati un lavoro e sii autonomo..."

E' normale che non abbiano voglia di lavorare se prima d'ora non hanno mai conosciuto doveri, nemmeno quello di lavare i piatti o rifarsi il letto. 


C'è poi da dire che se per "lavoro" intendiamo una mansione maledettamente monotona, che include di lavorare anche la domenica, con orari al limite della decenza umana, dove non ti resta più il tempo nemmeno per tirare il fiato, dove sei costretto a portarti un panino da casa perché quel taccagno del tuo padrone, perdono, "datore di lavoro", non ti paga nemmeno un pasto caldo (cosa che gli schiavi dell'antichità avevano come DIRITTO), e dove tutto sommato si guadagna cosi poco da coprire a malapena le spese del carburante, è normale che i giovani non abbiano voglia di lavorare...




Che dire poi di quei giovani che si sono fatti un culo tanto sopra i libri per ottenere un diploma e una laurea?! Anni di studio per trovarsi ad accettare un impiego in un Mc Donald o in un call center.

I giovani d'oggi non hanno voglia di lavorare? E fanno bene!
Guadagnarsi da vivere è una storia, elemosinare mansioni di merda, sottopagate, insensate, servili ed umilianti ed essere pure grati per l'opportunità di farlo è pura schiavitù, di quelle ben peggiori dei tempi della catena al piede e le frustate sulla schiena, perché questa schiavitù moderna spacciata da "necessità sociale", insegna ai giovani a prostituirsi per un lavoro di merda.

Ci ripetono che i giovani sono il futuro, allora perché vogliamo a tutti i costi adeguarli al nostro presente?

Daniele Reale