lunedì 31 luglio 2017

Maledetto il lavoro che spegne l'uomo lentamente



- "Il lavoro ci permette di vivere."

Falso, il lavoro permette al benestante di vivere, per tutti gli altri permette al massimo di sopravvivere, ma siccome la gente non ha ormai la benché minima idea di cosa significhi "vivere", privata fin dall'infanzia del suo tempo naturale, oggi non vive che una banale parodia della vita e ciò che chiama vita non è che una piccola pausa tra un'intera settimana di lavoro e l'altra.



- "Il lavoro nobilità l'uomo."

Terribile, ma ci sono persone tutt'ora convinte di questo.
E dove starebbe la nobiltà? Nell'ansia da traffico? Nelle gloriose ore spese nei centri commerciali? Nelle serata passate davanti alla tv perché troppo stanchi per dedicarsi a qualcosa di creativo?



- "Il lavoro è dignità."

No, non lo è, non lo è mai stato.
Una persona che si fa il culo per arrivare a fine del mese lo fa solo per non morire di fame, lo fa perché è costretta a farlo, ma la dignità è tutt'altra cosa, il lavoro è e resta un ruolo di costrizione sociale atto ad annichilire l'individuo.



- "Il lavoro serve a guadagnarsi da vivere."


Sbagliato, perché guadagnarti da vivere lo hai già fatto venendo al mondo il giorno della tua nascita e ancora prima quando allo stadio di spermatozoo vinceva la tua corsa a fecondare l'ovulo.
Quello è stato guadagnarsi da vivere.

Il lavoro se mai di permette di non morire di fame, in un sistema che getta tonnellate di cibo in mare per non abbassare i prezzi al supermercato e che sta chiudendo i rubinetti delle fontane pubbliche a favore della privatizzazione dell'acqua.








5 commenti:

  1. Un post che condivido al cento per cento...
    Questo è un mondo di merda !

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  2. Condivido appieno tutto ciò che ho avuto modo di leggere su questo blog, ma c'è un ma.
    Cosa si può fare per cambiare la situazione?
    Non dico la situazione globale, ma la propria.
    Io, in concreto, cosa posso fare per campare senza farmi mantenere dai genitori?
    Ho 27 anni, e a parte qualche lavoro saltuario, durato al massimo qualche mese, non ho fatto altro.
    L'idea del lavoro, soprattutto quello dipendente mi disgusta, non riesco a sopportarla.
    Quali sono le alternative? Vivere per strada di elemosina?
    Ormai in me la rassegnazione ha preso il posto della disperazione, ormai non desidero altro che porre fine alla mia esistenza.
    Non posso coltivare le mie passioni, non posso dar vita alla mia creatività, che senso avrebbe una vita di lavoro fine a se stesso?

    Claudio

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    Risposte
    1. Le alternative si possono creare, difficilmente però restandosene in città.
      Dai un'occhiata a che cos'è RIVE, la rete dei villaggi ecologici (ecovillaggi.it), quella è una opportunità di lavorare per sé stessi e la propria comunità anziché per un datore di lavoro avido e oppressivo.

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    2. Oppure, se almeno un poco ti ci senti portato, prova ad interessarti di volontariato; preciso che per le onlus in genere ora provo solo disgusto, parlo di associazioni come Emmaus o altri piccoli raggruupamenti di persone dove magari puoi trovare anche una sistemazione.

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    3. Prova anche a partire come ragazzo alla pari (ti conisglio aupairworld.it, cercano anche ragazzi!), lavori con i bambini, vivi con una famiglia in un Paese di tua scelta, impari una lingua nuova, ti pagano vitto e alloggio e ti danno una paghetta. Stancante, ma è un'esperienza da fare almeno una volta nella vita. Oppure vai a fare WOOFING, costa 25 euro iscriversi per un anno, lavori nei campi, non ti pagano, ma hai vitto e alloggio gratis.

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