...E poi ho trovato lavoro...
E' proprio vero, da giovani si sogna di esser grandi, e non si fa altro che pensare a quando saremo autonomi ed indipendenti, a quanto figa sarà la nostra vita e al come addobberemo al meglio la nostra futura casa.
Da giovani si pensa pure che in futuro guadagneremo più rispetto e finalmente i "grandi" ci ascolteranno, perché saremo grandi anche noi, ma la triste verità si scopre solo ai trent'anni, quando finalmente cominci ad esser "grande" e ti rendi irrimediabilmente conto che tutta quella fretta di crescere sarebbe stato meglio non avercela mai avuta...
Ti guardi indietro e vedi tutto quel fantastico mondo che ti sei appena lasciato alle spalle, nel mio caso quel mondo era fatto di feste, corse coi motorini, pomeriggi con gli amici e focose serate con le ragazze.
Ricordo che le mie giornate si ripetevano pressapoco così:
Mattino: Sveglia - colazione - chiacchierata del "buongiorno" in corriera durante il tragitto casa/scuola, poi, spuntini a base di merendine e caramelle durante le noiose ore di lezione, fantasticate mentali sulle proprie compagne di classe e non, e dispetti tra compagni di banco.
Pomeriggio: Pranzo veloce, un'ora ad ascoltare il "Cammino di Gigi D'Agostino" e poi in giro con gli amici fino all'ora di cena (19.00 circa).
Sera: Massimo un'ora dedicata ai compiti per casa (il resto lo copiavo dai miei compagni di classe il giorno successivo) , cena e passeggiata rilassante per le vie del mio paese in compagnia del mio vicino di casa, raccontandoci come avevamo passato la giornata e programmando la successiva...
In quei tempi io non conoscevo la noia, non sapevo nemmeno cosa significasse, poiché ogni giorno, che piovesse, tirasse il vento, o che cascasse il mondo. noi avevamo sempre qualcosa di nuovo da fare, una volta era la gara di motorini, un'altra il bagno al fiume, si facevano le lotte in casa sui materassi e si costruivano capanne nei boschi, spiavamo le ragazze che si cambiavano negli spogliatoi della piscina e facevamo continuamente scherzi ai passanti, come il classico del filo da pesca e la banconota...
Ogni giorno era un'avventura e tutto era fantastico, già il giovedì sera iniziavano le farfalle nello stomaco perché sentivamo il sabato sera oramai vicino, e allora sabato sera significava festa, divertimento, ma soprattutto conoscere nuove ragazze con cui provarci, improvvisando storie assurde per far colpo su di loro.
Quel periodo che va dai 16 ai 21 anni, lo sentivo carico di vita nell'aria e non scorderò mai le notti insonni, dove non riesci a dormire per l'emozione di quello che devi fare domani, le risate incontrollate con gli amici, gli urli liberi, spontanei e sinceri, che si lanciavano quando non si riusciva ad esprimere la propria felicità a parole, e poi i falò sotto il cielo stellato, i primi innocenti amori...
Ma quel mondo perfetto era destinato presto a scomparire, lo percepii per la prima volta attorno ai 19 anni, quando vedevo disfarsi poco alla volta le grandi compagnie, ognuno stava prendendo la propria strada, convinto che ormai era troppo "grande" per i giochi ed il divertimento, e così poco alla volta ci separammo.
Il lavoro, con le sue classiche e stramaledette, otto ore giornaliere, aveva riempito di "doveri" le nostre vite, ed i pomeriggi spensierati diventarono così la noiosissima routine del svegliati-lavora-pranza-lavora-dormi e riposati che domani è un altro giorno uguale a ieri...
Ed ora guardo indietro a quei tempi persi per sempre e mi rendo conto di quanto abbiamo perso in questi anni, la nostra serenità prima di tutto, ora abbiamo macchine nuove e telefoni di ultima generazione, ma i nostri sorrisi non sono più sinceri.
A volte ridiamo perché ci sentiamo in dovere di ridere.
A volte ci divertiamo perché ci sentiamo in dovere di divertirci.
E trovo tutto questo "fingere che tutto vada bene", patetico.
Trovo le serate passate a bere alcolici, dannatamente noiose, perché allora non avevamo nemmeno il bisogno di bere, la nostra vita era una continua ebrezza, perché noi eravamo felici dentro, oggi invece sento la noia divorarmi e spesso mi rendo conto di uscire di casa, semplicemente perché devo fare qualcosa di diverso, con il risultato di trovarmi di nuovo a letto all'una di notte, dopo aver passato delle ore a sbadigliare, ascoltando le solite noiose storie, trite e ritrite.
Eppure tutti allora sognavamo di diventare grandi, di avere un lavoro per poterci comperare tutto quello che vogliamo.
Ma ad oggi siamo davvero felici?
Io di certo no, anzi trovo stupido credere che "diventare grandi" e "assumerci le nostre responsabilità" significhi solo sgobbare come muli in qualche fabbriche o in qualche ufficio, in attesa di ricevere lo stipendio alla fine del mese per fare i fighi dimostrando agli altri ciò che ci possiamo permettere.
Infondo cos'è una macchina nuova se messa a confronto con la libertà che ti da un semplice motorino? Ma vuoi mettere cosa significa trovare sempre parcheggio e non andartene in giro con l'incubo che qualcuno strisci la tua carriola di cui stai ancora pagando le rate? Vuoi mettere l'aria sulla faccia? L'amica che si stringe a te quando la porti in sella? I 5 euro di benzina che ti bastavano per scorrazzare una settimana?!
E vuoi mettere le nostre piccole capanne accoglienti a confronto di tutti questi appartamenti sfarzosi, ma senz'anima?
Tutto questo se ne è andato per colpa di quel maledetto "mondo del lavoro" che ha fatto di noi delle persone perbene senza più sogni ne avventura, talmente impegnati a tirare avanti, da non farci mai chiedere se sia davvero giusto lavorare tutte queste ore per un tempo così lungo della nostra vita...e per produrre che cosa poi?
I nostri stessi vizi... come quello di fumare e di ubriacarci, o quello di giocare d'azzardo e di spendere tutti i nostri soldi per stare al passo con i tempi e con la società, ovvero rincorrendo le mode, modernizzando casa e cambiando telefono ogni anno.
Ed è così che quelli come me finiscono tra i "disadattati", i sognatori, i bambinoni che non vogliono crescere mai, solo perché osano mettere in discussione il marcio dominante, e sono proprio gli stessi compagni di avventure di ieri che oggi ti prendono per matto, quando cerchi di toglier loro il prosciutto dagli occhi, dimostrandogli che infondo diventar "grandi", significa solo portare avanti la tradizione millenaria che ci vuole tutti schiavi, ieri del faraone, del re e dell'imperatore, oggi del capitalismo e del consumismo frenetico...
Ma io sono ancora qua, con il bambino di ieri nel cuore, eterno Peter Pan, che invecchia fuori, ma mai dentro, e sono qua per mantenere accesa la fiamma dei vostri animi sognatori, per dirvi che non siete soli e che non siete sbagliati.
Infondo anche voi percepite che questo non è l'unico modo di vivere, che ci dev'essere un altro modo, più sensato e "umano" di stare al mondo, dove non esista separazione, dove il lavoro ritorni ad essere la fonte di sostenimento e non più l'attuale infame furto del nostro vivere.
Daniele Reale
Non dimentichiamoci delle persone che non hanno potuto neppure godere di "quei tempi" e che oggi sono costretti a subire anche la cultura del lavoro e della visibilità...
RispondiEliminaLe parole che avrei voluto scrivere io. <3
RispondiEliminaChe spettacolo, sento che l'articolo parli anche di me.
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