venerdì 17 aprile 2015

Quando l'acqua tocca il culo...

Noto con grande dispiacere che i lavoratori si ribellano solo quando ormai è troppo tardi, o meglio, quando l'acqua tocca il culo.
Bisogna sempre arrivare a perdere il lavoro per comprendere che non siamo altro che numeri per il sistema socio/economico attuale? Bisogna sempre perdere il lavoro o farsi annullare ogni diritto, prima di arrivare alla decisione di scioperare?




Qual'è il problema schiavo? Il tuo prezioso lavoro? 
Già perché senza lo sfruttamento salariato oggi non puoi vivere, non sei nessuno senza stipendio, vero? 
Ma come, non eri tu che credevi di esser libero? 
Non eri tu quello che ogni 5 anni votava un ciarlatano diverso, illudendosi che una banale croce su un banale pezzo di carta, potesse assicurarti futuro e dignità?


No schiavo, non è cosi che funziona.

I tuoi diritti e la tua dignità in verità gli hai persi molto prima di perdere il tuo lavoro, esattamente quando hai lasciato a degli estranei decidere per il tuo futuro, quando hai abbandonato la tua individualità per entrare a far parte della folla...

No, ora le tue proteste non servono a nulla lavoratore, puoi essere arrabbiato con il sistema, con il governo, con la giustizia e con il tuo "datore di lavoro" quanto vuoi, ma la colpa è solo TUA.

Fino a ieri te ne sei sempre fregato di tutto e tuttiper te esisteva solo il tuo lavoro, solo la tua famiglia e solo la tua vita. 
Perché mai adesso speri che qualcuno faccia qualcosa per te?
Perché mai ora gridi sperando che qualcuno ascolti le tue parole?

Dov'eri lavoratore, quando in Italia e nel mondo si organizzavano scioperi e manifestazioni?

Te lo dico io dove eri...eri al tuo posto di lavoro, zitto, zitto.
Ieri il tuo posto era ancora garantito e allora il disagio altrui non ti riguardava, non ti importava.





Oggi gridi e ti disperi perché soffrire tocca a te, ti senti solidale con i tuoi compagni certo, ma solo perché hai bisogno di sostegno morale. Se ieri quando avevi ancora un posto fisso avessero licenziato un tuo compagno, avresti forse mosso un dito?
No, avresti pensato che era meglio starsene zitti e farsi gli affari propri per non fare la stessa fine.

Ecco, oggi tutta la gente che ti aspetti ti ascolti farà la stessa cosa, perché noi siamo un grande popolo di "fratelli", sono quando si parla di mondiali di calcio o quando all'estero parliamo di spaghetti e pizza, orgoglio italiano.

La realtà è che ci sentiamo italiani solo superficialmente, non siamo davvero fratelli, non siamo disposti ad aiutarci e sulle cose che davvero contano abbiamo sempre la testa sotto la sabbia.

La vita non finisce quando si perde il lavoro, la vita finisce quando dimentichi di averne una.

Daniele Reale


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