La città dei vinti era una città posta in un’isola lontana.
In quell'isola sopravviveva ancora il degrado urbano con le sue strade trafficate, le tante decine di grattaceli cubici privi di armonia, con i loro centinaia di appartamenti dove vivevano ammassati come in tante piccole gabbie i “vinti”.
Quell'isola era l'ultima cosa sopravvissuta del vecchio mondo e veniva considerata dagli abitanti del nuovo mondo come il più grande museo vivente della storia. Questo grande museo a cielo aperto voleva ricordare quanto l'umanità fosse caduta in basso negli anni bui del Medioevo moderno.
(...)Eccetto per le auto elettriche e ad idrogeno che erano state obbligatoriamente inserite per non inquinare l'aria, la città dei vinti era uguale identica a quelle del vecchio mondo.
Sceso dalla nave Edere si diresse verso l'interno della grande città museo.
(...)Cinque minuti dopo passò di li un piccolo gruppo turistico di bambini, accompagnato da una simpatica guida vestita di giallo che illustrava ad alcuni bambini il vecchio modo di vivere degli esseri umani che gli avevano preceduti. Edere si avvicinò incuriosito alla guida, un uomo cicciottello dall'espressione amichevole, e gli chiese gentilmente se poteva unirsi a loro.
La guida acconsentì e lo invitò a seguirli.
“Perché la chiamano città dei vinti?” Chiese incuriosito Edere alla guida.
“Aspetta che arriviamo nella zona industriale e lo vedrai con i tuoi occhi, non vorrei rovinare la sorpresa ai bambini. Sai come sono...ascoltano tutto!” Concluse l'uomo sghignazzando allegro.
Edere, la guida e il gruppetto di bambini salì poi su di un autobus elettrico, raggiungendo dopo una decina di minuti la zona industriale che stava appena dietro un angolo della città a pochi metri dal centro abitato!
“Bambini quegli enormi scatoloni grigi privi di bellezza che vedete li infondo sono le fabbriche del vecchio mondo!”
“Bleah, che brutte, non mi piacciono!” Esclamò una bambina appiccicando il suo piccolo volto al finestrino dell'autobus.
La zona industriale era un insieme di agglomerati cubici di cemento, tanti pali della luce tutti uguali messi in fila come tanti soldati obbedienti e quell'inconfondibile odore di vernici, metallo e di plastica bruciata che impregnavano l'aria circostante.
Un'altra bambina aggiunse: “Ma perché le fabbriche sono tanto grandi e le finestre tanto piccole e tutte poste cosi in alto?
“Perché non vogliono che gli operai si distraggono dai loro doveri. I padroni preferiscono consumare tutto il giorno la corrente elettrica, lasciando accese decine e decine di lampadine che concedere pausa ai loro occhi.”
“E non diventano ciechi a starsene tutte quelle ore rinchiusi li dentro?” “No, per fortuna no! Ma come vedrai tra poco, in compenso sono tutti pallidi come i morti.”
Rispose la guida scoppiando ancora a ridere di gusto.
La bambina chiese poi:
“Chi sono i padroni?”
“I padroni? Sono degli uomini che danno ordini ad altri uomini.”
“Ma questo non è giusto.” Rispose la bambina assumendo un'espressione triste e confusa.
(...)All'interno di una delle fabbriche, gli operai addetti alla catena di montaggio erano intenti a svolgere la loro attività senza mai alzare la testa, mentre con movimenti rapidissimi di braccia e mani assemblavano diversi pezzi di un elettrodomestico.
Quattro – cinque movimenti ripetuti all'infinito, l'uomo assuefatto ne era ormai irrimediabilmente meccanizzato.
Alcuni operai da quanto assorti erano nel loro lavoro, non si accorsero nemmeno dell'arrivo dei turisti, alcuni dei quali scattavano una foto dietro l'altra, immortalando quella scena che ai loro occhi appariva tanto assurda e irreale.
Anche Edere assistendo a quella scena sotto un nuovo punto di vista, non poté fare a meno di esclamare ad alta voce:
“I vinti. Ora finalmente ho capito. E' una scena davvero straziante.”
Sentendolo, la guida vestita di giallo gli rispose:
“Sai cose diceva lo scrittore Alejandro Jodorowsky ?
“Gli uccelli nati in una gabbia
pensano che volare sia una malattia.”
Rifletti su questa frase, racchiude in sé un grande significato, perché ricorda, non è tanto l'oppressore a trasformare un uomo libero in uno schiavo, ma l'uomo che accetta incondizionatamente le proprie catene senza fiatare. Colui che si è dimenticato di esser nato libero non sarà mai in grado di esserlo.
Questi poveri uomini sono degli schiavi felici perché non sanno più neanche lontanamente immaginarsi la libertà...
Anche quando l'umanità intera finalmente fece il grande salto evolutivo e conquistò la tanto aspirata Libertà individuale, loro erano ormai cosi talmente tanto assuefatti dal Sistema da non poterne più fare a meno, sono diventati loro stessi delle macchine.
Alle sei del mattino scattano in piedi senza neppure il bisogno della sveglia, lavorano dalla mattina alla sera senza sosta, dalle otto alle dodici ore al giorno e non c'è modo di riuscire a fermarli, dicono che senza impiegare il loro tempo nel lavoro non sanno vivere né come passare il tempo.
A loro non interessa né la natura né la poesia, tanto meno la musica e una qualsiasi attività
che muova le corde dell'anima.
Chiedono solo di essere lasciati in pace.
E' triste ma è cosi e noi tutti dobbiamo rispettare le loro scelte.
Quando è stato loro proposto di lavorare quattro ore al giorno, avendo finalmente il tempo di coltivare se stessi, molti di loro hanno risposto:
”E nel tempo libero poi cosa facciamo?”
Il semplice stare fermi li fa sentire improduttivi, inutili, perché è cosi che gli è stato insegnato fin da piccoli.
Anni di sottomissione a partire dal vecchio sistema scolastico di regime, che distrusse la loro individualità per farli diventare copie fatte con stampino, anni di rimproveri, di tanti doveri e pochi piaceri, hanno finito per seppellire per sempre i bambini divini che giacevano in loro.
In poche parole il Sistema
ha fatto dimenticare loro cosa significa vivere, ora esistono, nulla più.
Quella che per tutti noi risulta come una gabbia con le sue infinite norme e divieti, per quella gente significa sicurezza.
Inutile è stato tentare di integrarli, alcuni addirittura si rivoltarono aggressivi contro chi gli tolse il velo della menzogna.
Il vecchio Sistema gli ha resi ciechi e loro volevano continuare ad esserlo...
Non si sono mai interessati a ricercare la propria luce interiore, quella in cui possono percepire il loro immenso valore, con il risultato che quando gli venne data l'occasione di esser finalmente liberi ed indipendenti, loro decisero comunque di continuare a vivere come merci viventi, semplice forza lavoro dei ricchi.
La città dei vinti è il loro piccolo mondo, perché mai riuscirebbero ad abituarsi ad una vita collettiva, senza la fretta a cui sono stati abituati, a contatto con il prossimo e nel pieno rispetto della natura che li circonda.
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Daniele Reale
Daniele Reale
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