Anche io come lui lavoravo in una multinazionale e presto o
tardi l’esigenza di vivere davvero si fa sentire. Ci è stato detto che il
lavoro nobilita l’uomo, che i soldi sono lo scopo, che la carriera ci darà il
successo e che il successo ci darà la felicità. Purtroppo da bambini ci
crediamo ma la verità non tarda a manifestarsi.
Ecco la testimonianza di Enrico Fontana riportata nel Fatto
Quotidiano, nato nel 1976, ha frequentato il Politecnico di Milano che l’ha
portato a lavorare in grandi aziende per 10 anni fino a quando un giorno ha
deciso di lasciare tutto e di iniziare a viaggiare e vivere nella natura e fare
le cose che gli piacciono davvero.
“L’ambizione massima per un ingegnere gestionale come me era
lavorare in una multinazionale. Stipendio buono, benefit, privilegi, prodotti
tecnologici scontati. Timbravo il cartellino tutti i giorni, e tutti i giorni
in giacca e cravatta. Ore passate in ufficio e giornate dove non vedevo neanche
la luce del sole. Poi sono arrivate l’abitudine e la noia. E ho cambiato vita”.
“Dopo la laurea al Politecnico di Milano ho lavorato una
decina d’anni per alcunesocietà. L’ultima era una multinazionale, dove sono rimasto
dal 2003 al 2008. Ero nella sede di Monza, mi occupavo dilogistica e della
pianificazione della consegna di macchine ospedaliere per fare tac, risonanze.
A parte qualche rara eccezione, ero sempre in ufficio. All’inizio ero contento,
avevo studiato anni per fare quel lavoro“.
Ma la stanchezza arriva in fretta,
nonostante “il privilegio che potevo avere di concedermi viaggi di piacere con
biglietti aerei da mille euro”.
Nel 2011 Enrico lascia il lavoro d’ufficio e parte per
l’Argentina: a Buenos Aires ci sono due ragazze che hanno deciso di aprire un
caffè letterario. “Prendo il tfr e le aiuto con le mie competenze, i soldi e il
tempo a sistemare il locale”.
Enrico rimane lì un anno, poi va in Olanda dove
resta tre mesi.
Fino a quando prevale il desiderio di tornare in Italia.
“Prima
di partire mi lamentavo. ‘L’Italia fa schifo, c’è Berlusconi‘, cose così. La
verità è che il nostro è un Paese splendido, ma per chi ci vive è difficile
apprezzare l’ospitalità, la cultura, il cibo, le tradizioni. Stai all’estero e
ti rendi conto che in alcune cose primeggiamo”.
Tornato in Italia, dopo varie esperienze, a Nonantola nel
modenese, “per 60mila euro compro una casa di 300 metri quadri, tutta da
ristrutturare, ma in campagna”. Iniziano i lavori, lo aiutano amici e
conoscenti. Recuperano due stanze. Enrico decide di affittarle a 18 euro a
notte, “prezzo al di sotto della media di mercato”. Si è preso cura di quei
mattoni, che ora sono diventati un bed and breaksfast, La Selvatica.
Si iscrive su Airbnb (sito per trovare alloggi a buon
prezzo), poi la voce si sparge, anche grazie ad altri siti e al circuito del
b&b.
Arrivano sempre ospiti, complici tariffe basse e recensioni positive.
La filosofia di base per la gestione dell’attività è condensata nel libro “Dono
contro dono” di Marcel Mauss: “Scardina il principio secondo cui il baratto è un
concetto primitivo, poi sostituito dal denaro.
Spiega che, invece, è un
elemento primordiale:
già nell’antichità le tribù si scambiavano fra di loro
quanto avevano in abbondanza, creando un circolo virtuoso, più vicino alla
natura e all’uomo.
A me avevano soltanto presentato le alternative di Keynes e
Smith. Ho scoperto Mauss quando ho iniziato a interessarmi all’antropologia,
dopo anni di matematica edeconomia“.
“Questa è una dimensione più umana, di contatto con le
persone. Questo modello funziona, ed è ‘da esportare': quindi a settembre vado
a vedere una casa ad Alicante”
Buona fortuna Enrico e che la tua storia possa essere
d’esempio per tutti quelli che sentono di fare qualcosa che non rientra negli
schemi sociali in cui viviamo e che ricordi a tutti che la felicità non è un
oggetto nel futuro ma il piacere di questo istante, di questo istante.
IL FUTURO NON ESISTE.
PASSIAMO UNA VITA A RINCORRERLO
E QUANDO LO RAGGIUNGIAMO SCOPRIAMO
CHE ERA SOLO PRESENTE.
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