Alessandro Paola, 24 anni, ha già le idee chiare e a sottomettersi ad una delle tante aziende sfruttatrici non ci sta, così si è licenziato ed è tornato a fare il barista, guadagnando meno, ma vivendo ora più sereno di prima.
Alessandro Paola scrive a Invece Concita di Repubblica:
"
Mi licenzio.
Mi licenzio.
Ho pensato a lungo prima di pronunciare ad alta voce questa parola, nel 2017. Ho lavorato per quasi un anno coma barista in una caffetteria storica nel centro di una piccola cittadina lombarda. Ottimo ambiente, coi datori di lavoro e coi colleghi.
Il mio problema era lo stipendio che, per quanto mi permettesse di vivacchiare, non mi consentiva di pensare al futuro".
"Decido di fare un colloquio per un noto marchio d’abbigliamento italiano. L’offerta sembra ottima.
Supero il colloquio, inizio il lavoro.
Il primo giorno mi vengono illustrate alcune regole basilari, del tipo: è vietato instaurare rapporti d’amicizia con i colleghi; è vietato perdersi in chiacchiere con i clienti; se non per esigenze eccezionali è vietato andare ai servizi durante le ore di lavoro, ci si va nei 10 minuti di pausa, rigorosamente timbrati, concessi solo con un minimo di 6 ore di lavoro giornaliere.
È vietato bere un caffè nella pausa concessa, dato che l’azienda non dispone di macchinette".
Insomma, una condizione lavorativa vergognosa e disumana, dove i propri dipendenti non sono visti come esseri umani, ma come bestie produttive che non hanno diritti, ma solo doveri.
Alessandro continua il suo tragico racconto al quotidiano La Repubblica:
"Per quanto riguarda l’operato specifico, nel mio caso cassiere e commesso, le regole sono: è vietato lasciare il posto di lavoro entro il turno stabilito senza prima aver svuotato gli appositi carrelli carichi di merce usata durante la giornata, il tutto solamente dopo aver timbrato, evitando così di andare in straordinario.
Per farla breve, hai finito la tua giornata?
Prima timbra la tua uscita poi svuota il carrello e riordina e vai a casa. In cassa sei pregato di chiedere sempre la moneta contante.
Perché solo dopo sei ore posso utilizzare il bagno? Perché devo vivere con ansie mai avute prima, col terrore di aver piegato male una maglietta, di aver salutato un conoscente? Perché non devo fare amicizia con una collega simpatica quando il mio stesso capo è migliore amica di un’altra collega. Perché mi lamento così tanto, direte voi? Quando c’è gente che un lavoro non ce l’ha o deve sottostare a regole peggiori delle mie? Perché ho 24 anni. A queste regole io non ci sto".
Alla fine Alessandro si licenzia e sceglierà di tornare a lavorare come barista. Bravo!
Intervista completa su; http://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2017/12/14/a-24-anni-vi-spiego-perche-mi-licenzio/?ref=drnh3-3
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